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L’Unione Europea si è espressa con chiarezza in risposta all’emergenza planetaria causate dalle varie forme di inquinamento e avvelenamento dell’ambiente. L’obiettivo di riduzione dei rifiuti ha preso un respiro ampio e ambizioso individuando nel modello dell’economia circolare “l’anello mancante” per un cambio radicale nei sistemi di produzione e consumo.

Nel 2015 il Primo Vicepresidente della Commissione UE, Frans Timmermans, responsabile per lo Sviluppo sostenibile, affermava che “Il nostro pianeta e la nostra economia non sopravviveranno se continueremo a seguire i dettami del “prendi, trasforma, usa e getta”. Le risorse sono preziose e vanno conservate, sfruttandone al massimo il potenziale valore economico. L’economia circolare si prefigge di ridurre i rifiuti e proteggere l’ambiente, ma presuppone anche una profonda trasformazione del modo in cui funziona la nostra intera economia. Ripensiamo il nostro modo di produrre, lavorare e acquistare: creeremo nuove opportunità e nuovi posti di lavoro.” Con questi presupposti l’Europa si è dotata di un quadro di riferimento generale per guidare la trasformazione.

La Direttiva Europea pubblicata a giugno di quest’anno1 risponde al bisogno urgente di trovare “una soluzione per la crescente produzione di rifiuti di plastica e per la dispersione di rifiuti di plastica nell’ambiente in cui viviamo, in particolare nell’ambiente marino”. E ciò con lo scopo di attuare una strategia perché la produzione e l’utilizzo dei prodotti si inserisca nel modello di economia circolare che prevede la progressiva eliminazione dei prodotti “usa e getta”.

Le direttive europee, ovviamente, si rivolgono, alle nazioni, ai legislatori e agli operatori economici, che hanno l’obbligo di conseguirne gli scopi, ma il cambiamento richiesto riguarda anche le nostre abitudini, il nostro modo di consumare, la nostra capacità di scegliere. Se pur progressivamente, a partire dal 2021, sarà vietata la produzione di alcuni prodotti di largo consumo (dai bastoncini cotonati ai piatti da pic-nic), sappiamo che sul mercato esistono già alternative percorribili che possiamo adottare e promuovere, aiutando la trasformazione prospettata a livello economico e ambientale. Possiamo, con un piccolo sforzo, tracciare la direzione cominciando, come cittadini, genitori e educatori, dalle nostre case e dai nostri asili. Sono davvero molte le possibilità per i prodotti usati da mamme e bambini.

Appena un bimbo nasce, ad esempio, avrà bisogno del pannolino. La scelta, in un’ottica di economia circolare e di sostenibilità ambientale, sembra ovvia, tra pannolini lavabili (oggi molto più comodi dei vecchi ciripà) e usa e getta…Non è così semplice: dati certi e confrontabili non ci sono, studi specifici in Italia nemmeno, o meglio, solo parziali perché i parametri utilizzati sono molti e vari e non tengono conto di tutto il ciclo vitale, dall’estrazione o coltivazione delle materie prime alla dismissione del prodotto: a confronto si può mettere il consumo d’acqua per il lavaggio del pannolino lavabile con quello per la produzione dell’usa e getta, la quantità di energia impiegata o l’emissione di CO2 nelle fasi di produzione e utilizzo di entrambi, il costo ambientale della produzione delle materie prime e quello dello smaltimento dei rifiuti solidi. Come orientarsi allora? Forse utilizzando anche parametri meno scientifici e più di senso, meno economici e più educativi. Trasmettere il valore della cura, del riuso, della condivisione, promuovere il dovere di informarsi, la capacità di essere attori di cambiamento e di fare scelte consapevoli è già una scelta.

1 DIRETTIVA (UE) 2019/904 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO pubblicata in G.U.C.E. L del 12/06/2019 n. 155.

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